Depressione, le donne la temono più del tumore

In Psicologia Clinica by Centro PSY

Poche si curano, molte si vergognano. Un’italiana su due considera il male oscuro più incurabile del cancro al seno.

Le donne hanno paura della depressione. Pensano che con quel velo nero davanti agli occhi il mondo non potrà essere più lo stesso: il velo potrà forse diventare grigio, ma nulla tornerà come prima. Tanto che un’italiana su due considera il male oscuro più incurabile del tumore al seno, che spaventa «solo» una su quattro. Un dato sorprendente, che arriva dalla prima indagine nazionale sulle donne e la depressione, promossa dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (ONDa) e realizzata da Giuseppe Pellegrini, ricercatore sociale all’Università di Padova, intervistando 1.016 donne fra i 30 e i 70 anni.

LE RAGIONI – Perché tanta paura? «Le donne conoscono gli effetti della depressione, sanno che si insinua nelle loro vite, alienandole: il 65% di loro l’ha vissuta sulla propria pelle o vista da vicino, su familiari o amici. Ma la temono soprattutto perché non hanno fiducia nelle cure», risponde Francesca Merzagora, presidente di ONDa. La maggioranza infatti pensa che le terapie possano contenere in parte le conseguenze della malattia, ma non risolvano davvero il problema. Anche una revisione di studi che hanno coinvolto oltre 700 pazienti, condotta dall’università della Pennsylvania e pubblicata a gennaio su Jama, ha alimentato dubbi, ipotizzando che gli antidepressivi siano efficaci soltanto nei casi più gravi, mentre non siano determinanti nei casi lievi. «Nelle depressioni di grado lieve, farmaci e psicoterapia si equivalgono; talvolta è più utile la psicoterapia — commenta Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze all’ospedale Fatebenefratelli di Milano —. In caso di depressione moderata o grave gli antidepressivi sono validi, ancor di più se associati alla psicoterapia. Chi viene trattato con i farmaci guarisce nel 34% dei casi e in un altro 36% vede l’entità dei sintomi più che dimezzata. Se si associa una psicoterapia, la percentuale di chi trae benefici dalle cure sale all’80%». Questo le donne non l’hanno capito: molte certo ricorrerebbero alla psicoterapia, benvista dall’85% delle intervistate, o ai gruppi di auto-aiuto, che riscuotono la fiducia dell’80%. Solo una su due, però, crede che i farmaci possano fare la differenza, sebbene nelle forme medio-gravi siano indispensabili. Chi li ha provati li apprezza un pò di più.

SOLO LA METÀ SI CURA – «Poco più delle metà dei pazienti arriva a curarsi, e di questi il 60% riceve trattamenti inadeguati o insufficienti. Così, a un mese dall’inizio delle cure il 30% ha già gettato la spugna e solo uno su tre segue la cura quanto e come si deve — spiega Mencacci —. Nelle donne accade anche perché per motivi biologici c’è una maggiore sensibilità agli effetti collaterali dei farmaci, che inoltre hanno una diversa efficacia a seconda del momento della vita, ad esempio durante l’età fertile o in menopausa. Così molte abbandonano prima di ottenere un risultato: da qui le ricadute, gli insuccessi, la sfiducia. E la paura». Leggendo i dati raccolti da ONDa c’è però qualcos’altro che balza agli occhi e preoccupa: le donne che soffrono di depressione, oltre a ritenere la loro vita stravolta dalla malattia, in sette casi su dieci provano vergogna o senso di colpa per essere malate. Ancora lo stigma? «Purtroppo sì — risponde lo psichiatra —. Le donne, che della depressione sono le vittime più frequenti, sentono di non trovare attorno a sé la stessa comprensione che avrebbero se fossero malate di un tumore al seno o di un’altra patologia “tangibile”. Così, ancora oggi si sentono giudicate, provano vergogna e senso di colpa». Tanto che spesso scelgono di non parlarne con nessuno: nel 2010, una donna con la depressione su sei non chiede aiuto. E non guarisce da una malattia che si può e si deve curare.

Autore: Elena Meli
Fonte: Corriere della Sera

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