I Bambini sono già tutti uguali, insegnarglielo li fa sentire diversi

In Psicologia Clinica, Psicologia Clinica Famiglia by Centro PSY

La differenza di genere viene marcata già dal primo giorno in cui ci troviamo nel confortante ambiente dell’utero materno.
Per quanto sia innegabile la nostra fantastica differenza sia a livello fenotipico, che biologico e ormonale, non possiamo ignorare che questa differenza assume, nella società umana, un’importanza così determinante da potersi definire di rilevanza gargantuesca.
Per quanto ci riguarda, tutto inizia proprio nell’utero, ma probabilmente già da prima del nostro concepimento si sarà ipotizzata o sperata una nostra identità di genere. E’ effettivamente più usuale sentire commenti del tipo “speriamo che sia femmina” piuttosto che “speriamo che sia lentigginoso” o “speriamo che sia riccia”.
Per evitare fraintendimenti vorrei precisare che questo articolo non vuole fare intendere che sarebbe meglio preoccuparsi dell’immagine piuttosto che del genere sessuale, certo sarebbe stato possibile anche fare esempi del tipo “speriamo sia creativo” o “speriamo sia ordinata”, ma si è voluto sottolineare l’importanza che assume l’appartenenza al genere rispetto a tutto il resto, anche in una società ormai schiava dell’immagine.
Continuando con la gravidanza, dopo speranze e aspettative, finalmente grazie ad un’ecografia i futuri genitori saranno liberi di scegliere il nome che daranno al bambino, il quale nome sarà il primo gesto che faranno per sottolineare la differenza di genere nel futuro nascituro. Si potrebbe sostenere che la creazione del nome personale (praenomen) è stata la prima demarcazione di confine sessuale.
Dopo la nascita del bebé, ma già qualche tempo prima, non mancheranno i fiocchetti rosa, le macchinine, i boccoli o i caschetti; ma se di questi argomenti si è già parlato, come anche dei diversi atteggiamenti che hanno i genitori, inconsapevolmente, verso i figli maschi e verso le figlie femmine (argomento sul quale certamente torneremo), meno si è parlato della demarcazione delle differenze che crea nei bambini il parlare dell’uguaglianza dei sessi: se si spiega ad un maschietto che deve trattare in modo paritetico le femminucce, gli si sta dando le basi per la categorizzazione maschi e femmine; sarebbe forse meglio parlare dell’uguaglianza tra gli individui in senso generale, o allo stesso modo delle loro diversità, senza creare categorie specifiche.

Per quanto riguarda le categorie di genere l’uguaglianza non avrebbe motivo di essere insegnata se non avessimo per prima insegnato la differenza; del resto sarebbe difficile per un bambino, non ancora maturo da un punto di vista sessuale, capire quale differenza ci sia tra il maschio e la femmina se questa differenza non venisse da noi suggerita. Per un bambino essere maschio o femmina dovrebbe essere diverso come essere biondi o bruni, alti o bassi.
Invece i bambini vengono da subito bombardati di nozioni e atteggiamenti che fanno istantaneamente loro capire che sono prima di tutto maschi o femmine, e che attorno a questa appartenenza di genere ruota e ruoterà tutta la loro vita.
E’ palese che questa differenza venga formata dividendo i gruppi di maschietti e femminucce e organizzando giochi per maschi e per femmine, facendo sì che nelle loro menti si crei questa diversificazione che trova forte caratterizzazione già dai primissimi giorni di vita; meno palese, ma altrettanto pericoloso diventa porre rimedio ai nostri comportamenti categorizzanti insegnando l’uguaglianza dei sessi, un’altra volta rischiamo di dare troppa importanza al sesso di cui facciamo parte.
Coloro che vogliano insegnare ai bambini l’uguaglianza nei diritti, stanno quindi demarcando il concetto di differenza (questo non avviene solo nelle differenze sessuali). Così se una maestra, che per insegnare in buona fede che maschi e femmine sono tutti uguali, decide di fare scegliere i libri da leggere, tra quelli messi a disposizione per gli alunni, a turno a un maschietto e ad una femminuccia, per sottolineare i loro pari diritti, sta in realtà sottolineando la diversità di genere, e sta soprattutto sottolineando a questi bambini che se è vero che un’attività possa non essere correlata al sesso, nel senso che va bene per tutti, è anche vero che bisogna sempre tener conto del proprio sesso qualsiasi cosa si faccia, anche una cosa blanda come scegliere un libro. Il medesimo effetto si ha per esempio in quelle scolaresche in cui le file siano formate da un maschio e una femmina per coppia. Allo stesso modo un educatore che sottolinei l’importanza che i bambini e le bambine giochino tra di loro, sta ancora una volta sottolineando questa importanza del genere sessuale di appartenenza.
Pensate che segnali contrastanti ricevono i bambini, che da un lato vengono divisi nei bagni a scuola, ma dall’altro nella stessa scuola vengono dichiarati tutti uguali, uguali in aspetti che sono stati per primi gli adulti a dire loro che son diversi, aspetti che gli adulti continuano a sottolineare pur sostenendo che non abbiano spessore. E’ infatti difficile per un bambino capire il concetto “siete diversi, ma siete uguali”. Piuttosto sarebbe meglio far arrivare il messaggio (senza ipocrisie) “avete tutti l’uguale diritto di essere diversi” perché è nella diversità che si è unici.
Comunque a prescindere dal giudizio se sia giusta o sbagliata questa divisione o se sia giusto o meno insegnare ai bambini l’uguaglianza dei sessi, in questa sede si vuole far sì che le persone prendano coscienza di questi effetti e quindi siano libere di andare o meno oltre questa differenza. Ovviamente non si ipotizza una società ove siano divise le persone in quanto bionde o brune, e neanche una in cui siano ordinate o creative, ma piuttosto dove le persone siano finalmente tutte diverse tra loro, e si vuole proporre un modo di cambiare questa disparità dei sessi sradicando le radici fin dalle basi. Per farlo bisognerebbe cambiare il dittico “Uomo o donna” in “io e tu” dove tu non sei né donna né uomo sei tu e basta e io sono libera di differenziarmi da te in qualsiasi cosa io voglia essere, magari anche nel genere, ma questa sarà una mia scelta, consapevole e adulta, non attribuitami in modi confusi già dall’infanzia.
Forse in questa società ormai fatta (e rifatta) di mode e omologazione, più che puntare sull’uguaglianza, sarebbe interessante puntare sull’unicità.

Fonte: Rolandociofis’Blog

Se vuoi approfondire di persona questo argomento, prendi un appuntamento gratuito cliccando qui

Se vuoi approfondire di persona questo argomento, compila il form sottostante per un appuntamento gratuito.