Prosopagnosia: Il disturbo nel riconoscimento di volti

In Psicologia Clinica by Centro PSY

Una delle imprese scientifiche più difficili di tutti i tempi riguarda la comprensione della mente umana e della sua relazione con il suo hardware: il cervello. Uno dei domini che ha ricevuto più attenzione riguarda l’investigazione degli aspetti cognitivi e neurali sottostanti al processamento di volti negli uomini. Questo interesse non è poi così sorprendente se si pensa che i volti, non solo sono ovunque intorno a noi, ma sono anche fondamentali per le nostre interazioni sociali.
Per la maggior parte di noi è sufficiente dare un’occhiata a un volto per determinarne informazioni quali identità, genere, età, stato d’animo e razza. La situazione è ben diversa per le persone che soffrono di prosopagnosia congenita, il disturbo di riconoscimento volti che si presenza in assenza di lesioni cerebrali acquisite.
Queste persone, ad esempio, non riescono a riconoscere il figlio all’uscita da scuola, il cugino al supermercato o il vicino di casa allo stadio; in altre parole, quando una persona molto familiare è vista fuori dal contesto abituale, la prosopagnosia impedisce a chi ne affetto di riconoscerlo. Questo si traduce, ovviamente, non solo in “brutte figure” (Il vicino di casa che dice: “Che maleducato, non mi ha neppure salutato!”), ma anche in psicopatologia; molte persone con prosopagnosia, infatti, rigorosamente evitano le situazioni sociali quali feste in famiglia o eventi pubblici in cui sanno di incontrare, e di non riconoscere, molti conoscenti.
E’ una malattia psichiatrica? Assolutamente NO. Se non riconoscete i volti non è perché siete “egoisti”, “matti” o “non interessati agli altri”. Si tratta invece di un difetto congenito del sistema visivo in cui, sia le aree specifiche deputate al riconoscimento di volti, sia i “fascicoli” che le connettono, sembrano avere caratteristiche differenti rispetto ai non-prosopagnosici.
Ok direte, ma saranno ben poche le persone con questo problema. Tutt’altro; la prosopagnosia congenita non è per niente rara, ma colpisce circa il 2% della popolazione generale (ossia più di un milione di prosopagnosici solo in Italia). Questo si traduce nella constatazione che, dati alla mano, questo disturbo è più diffuso di altre condizioni molto più note al grande pubblico quali la schizofrenia.
Prosopagnosia; da dove arriva questo nome? E soprattutto, perché molti di voi non ne hanno mai sentito parlare? Iniziamo dall’etimologia; il termine deriva dal greco prosopon (faccia) e agnosia (mancata conoscenza).

Molti prosopagnosici riconoscono di avere problemi per i volti dal fatto che, ad esempio, non riescono a seguire la trama dei film (es., Al Pacino e Robert De Niro sembrano la stessa persona).
Altri neppure si rendono conto di avere un problema; ricordiamoci, infatti, che la prosopagnosia congenita è ben diversa dalla prosopagnosia acquisita (quella forma veramente rara e peculiare di disturbo neurologico descritta egregiamente da Oliver Sacks), in cui una lesione cerebrale è causa di un disturbo del riconoscimento volti non presente prima. Al contrario, le persone con prosopagnosia congenita, non avendo termine di paragone, credono che il loro modo di riconoscere gli altri (spesso incentrato sull’acconciatura, vestiti, sopracciglia e andatura) sia “normale”.
Vista l’incidenza del disturbo e le conseguenze psicologiche che può procurare, ritengo che sia gli esperti del settore, sia la gente comune, debbano saperne di più. A tal proposito ho scitto un libro intitolato “Prosopagnosia: Un mondo di facce uguali”, edito da FerrariSinibaldi (Milano) (http://www.edizioniferrarisinibaldi.com/store/Products/185-prosopagnosia.aspx). Nel libro descrivo la prosopagnosia in generale e la forma congenita in particolare, sia riportando risultati di ricerche scientifiche condotte da me (ma non solo), sia storie vere di persone che soffrono di questo disturbo.

Fonte: Rolandociofis’ Blog
Autore: Davide Rivolta

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