L’ipocondria, ovvero la malattia dell’interpretazione

In Psicologia Clinica by Centro PSY

A volte basta un semplice mal di testa per entrare in crisi, dando inizio a una collezione di visite ed esami. Ma cosa si cela dietro la paura di ammalarsi?
L’ipocondria viene inserita nel DSM IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders Fourth Edition) nella categoria dei disturbi somatoformi, e viene descritta come la preoccupazione eccessiva per il proprio stato di salute o la convinzione di avere una malattia grave. Per diagnosticare questo disturbo, la persona deve mostrare questa preoccupazione per almeno sei mesi, causando una menomazione nella sfera lavorativa sociale e familiare. Infine, ma non per ordine di importanza, il soggetto non può essere rassicurato nonostante gli esami clinici e le continue visite mediche confutano l’ipotesi di malattia.
Possiamo descrivere l’ipocondria come una malattia al confine tra il somatico e lo psichico, la quale età di esordio è compresa tra i 20 e i 30 anni.
Il soggetto appare egoista, infatti l’altro conta solo nella misura in cui consente di soddisfare i propri bisogni e desideri; è completamente avulso da ogni questione che non riguarda il proprio corpo, si libera da ogni responsabilità (crede che siano gli altri a dover “fare tutto per lui”), e questo stato interferisce anche con le proprie prestazioni causando molte assenze dal lavoro.
Il comportamento tipico di un paziente ipocondriaco, non psicotico, è quello di una persona che si prende eccessivamente cura del proprio corpo, spesso con cure “fai-da-te”, non ascolta nessuno giacché sempre attento a parlare dei propri problemi in ogni occasione.
La convinzione di essere malato lo porta ad adottare comportamenti di malattia, quindi esce poco, non si espone a climi estremi, non fa sforzi eccessivi, causando una menomazione delle attività quotidiane.
Con il suo malessere cerca di attirare l’attenzione dell’altro come un bambino che piange per richiamare la madre.
A livello psichico si osserva ideazione patologica, introspezione, bassa autostima, introversione e poca espansività che porta il soggetto a vivere spesso nell’isolamento sociale.
Il decorso dell’ipocondria è cronico e la comorbilità con disturbi d’ansia, depressivi e ossessivo-compulsivi, fa in modo che è difficile diagnosticare l’ipocondria come disturbo cardine della persona, ma non impossibile. Si possono, infatti, distinguere due ipocondrie, una primaria e l’altra secondaria. Quella primaria si connota per il fatto che il disturbo si presenta indipendentemente da un altro, quella secondaria “accompagna” un altro disturbo psichiatrico e spesso la prognosi è positiva.
Nella società odierna la cura del corpo (anche in termini estetici) è ben accettata, e spesso la corsa dal dottore e i controlli assidui, fanno in modo che quella persona venga giudicata come molto responsabile. Purtroppo, però, non ci si accorge che in certi soggetti queste approvazioni non fanno che alimentare il proprio comportamento ossessivo verso la salute (o la malattia) e non solo, perché colpevole è anche il proliferarsi dell’uso indiscriminato di internet. Chiunque, almeno una volta nella vita, ha cercato di auto-diagnosticarsi una malattia con l’uso di Google; è facile e anche a portata di mano.

Questo atteggiamento è abbastanza pericoloso poiché si assimilano le notizie in maniera del tutto errata e vengono interpretate senza avere la giusta informazione medica.
Inoltre le continue visite mediche a cui l’ipocondriaco decide di sottoporsi, comportano un dispendio di denaro a se e allo Stato.
Un articolo del Corriere della Sera del 16 marzo 2010 riporta i dati del danaro che lo stato britannico spende solo per gli ipocondriaci: 2 miliardi di sterline l’anno (circa 2,8 miliardi di euro) e non solo, perché si spreca anche tempo aumentando le liste di attesa di pazienti con reali patologie. Anche per questi motivi è importante educare i cittadini a curare in modo corretto le malattie e i disturbi minori, per evitare un consumo inutile di danaro e di tempo.
L’ipocondriaco a livello organico può essere sano o malato, può rimuginare su una malattia che suppone di avere e ignorarne un’altra. Sempre, comunque, il quadro psicopatologico riguarda la costruzione dei significati che il paziente fa sul corpo e sul suo funzionamento.
Non è dunque una patologia del corpo, ma dell’interpretazione (Simona Argentieri Bondi, 2003). Il soggetto non riesce a riconoscere un cambiamento del proprio corpo, come ad esempio una normale variazione del battito cardiaco o un dolore addominale, attribuendogli la diagnosi di “malattia grave”.

Fonte: Rolandociofis’ Blog
Autore: Davide Algeri

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